Ha vinto la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Pechino del 2008. Prima di partecipare ai Giochi di Londra di quest'anno, invece, la bufera: viene trovato positivo al test anti-doping. L'8 agosto la sua conferenza stampa ha tenuto tutti con il fiato sospeso, sono state le sue ultime parole in pubblico. Poi il silenzio. Ora, Alex Schwazer torna a parlare e lo fa dalle pagine di Vanity Fair. Racconta com'è la sua vita adesso che ha smesso di marciare.
Sta bene dice, ha ripreso a studiare. Frequenta la facoltà di Economia a Innsbruck e fa una vita normale.
L'ombra del doping è calata nella sua esistenza in Corea del Sud nel 2011 durante il Mondiale quando, dopo aver marciato nella 20 chilometri, si è qualificato solo nono. La sera stessa i commenti di alcuni suoi colleghi stranieri sono stati per lui come una pugnalata: "Schwazer Italia 3 ore e 36, Schwazer Russia 3 ore e 30". Ovvero il tempo fatto da pulito e quello che invece avrebbe fatto da dopato. Si è sentito stupido l'ex campione e spiega: "Se certi commenti te li fanno quando stai bene, te ne freghi. Ma io, dopo anni di delusioni, avevo un problema psicologico: quelle frasi mi hanno scatenato dentro una tale rabbia, un tale senso di ingiustizia. Mi sono detto: o smetti subito o ti arrangi come fanno tanti, troppi altri". Nella marcia, insomma, il doping è più frequente di quanto si pensi: "Sto dicendo che, degli otto russi qualificati per l’Olimpiade del 2008 tra aprile e maggio, ne hanno beccati cinque ai controlli antidoping- dichiara l'ex campione - Non cerco scuse, so di aver sbagliato, voglio solo spiegare come sono arrivato a fare un errore così stupido". "La pressione più pericolosa è quella che ti crei da solo - aggiunge - e io sono un maestro nel rovinarmi la vita. Fin da bambino sognavo di andare all’Olimpiade, ci sono arrivato, ho addirittura vinto l’oro, eppure mai una volta sono riuscito a fermarmi a godere quel risultato. Sempre a pormi nuovi obiettivi"
L'amore con la campionessa di pattinaggio Carolina Kostner sembrava vacillare a causa di tutta questa storia: "Invece ad aprile festeggiamo cinque anni insieme, e questa difficoltà - come i problemi di carriera che lei ebbe due anni fa - ci ha resi ancora più uniti. Se c’è una persona che può capire e perdonare quello che ho fatto, è lei: noi sportivi siamo estremi, viviamo di pressione e disciplina, e se non stiamo bene psicologicamente rischiamo sempre di cadere", dice Alex.
Ribadisce che quattro anni fa, quando ha vinto l'oro, era pulito: "Per questo ho subito chiesto che fossero rese pubbliche le mie analisi di allora, ma nessuno l’ha ancora fatto. All’epoca avevo valori da quasi anemico, incompatibili con l’uso di Epo. Ho sbagliato, lo ripeto, ma nessuno può togliermi la medaglia che ho vinto a Pechino, con onestà e anni di sacrifici", sottolinea Schwazer. Ma non ha più nessuna intenzione di tornare a marciare, anche se il verdetto nei suoi confronti non dovesse consistere nella squalifica a vita: "Al momento, per me, questa opzione non esiste. Il mio obiettivo oggi è ricostruirmi come uomo, ritrovare un equilibrio. E non è facile anche perché, al di fuori dello sport, non avevo interessi", spiega. Da agosto non ha più marciato: "Mai - afferma - Il giorno in cui sarò più tranquillo - quando si sarà calmata del tutto questa rabbia che dentro un po’ c’è ancora - forse tornerò a fare sport, ma solo per mio piacere". Ma il suo fisico abituato a fare quaranta chilometri al giorno come sta reagendo? "Perde tutti i muscoli (si tocca il torace pelle e ossa, ndr). Non sono ingrassato perché mangio pochissimo: stando tutto il giorno seduto, mi bastano pochi bocconi per essere sazio". Poi racconta cosa gli piace di più della sua nuova vita: "Stare seduto in classe in mezzo a ottanta ragazzi, guardare la pioggia fuori dalla finestra e pensare: 'Che bello, oggi non devo uscire'".