- Ospite di Simone Lemmo Alla Buonora su Cusano Italia Tv, la 47enne si racconta senza filtri
- “Come donna penso di aver fatto tanto, anche di più di quello che si aspettavano tutti”
Annalisa Minetti si racconta senza filtri. Ospite di Simone Lemmo Alla Buonora su Cusano Italia Tv, la 47enne spiega perché quando prega non chiede mai di poter riacquistare la vista. “Non sogno di rivedere, mi spaventa”, svela.
A settembre 2023 a Verissimo la cantante aveva rivelato che la malattia aveva concluso il suo viaggio. “Ho completamente perso la vista. Non vedere il volto dei miei figli è il dolore più grane”, aveva detto. Annalisa, però, ha una grande forza dentro di sé. “Il mio sogno nel cassetto? I miei sogni sono quasi tutti professionali, perché come donna penso di aver fatto tanto, anche di più di quello che si aspettavano tutti. Non sogno di rivedere, perché un po’ mi spaventa”, confida ora.
“Prego e apro un dialogo con Gesù. Gli dico sempre: ‘Non mi permetto neanche i chiederti di farmi rivedere, perché se guardo il mondo, purtroppo anche se non vedo, lo vedo e lo sento perché si fa vedere nelle sue bruttezze. Ti dico salva tutti i bambini che subiscono abusi e violenze’ - prosegue la Minetti - Io lavoro nelle case famiglia e quindi so quanto dolore c’è tra di loro”.
Annalisa ha una vita appagante. Dal primo marito, Gennaro Esposito, ha avuto il 3 gennaio 2008 Fabio Massimiliano. Da Michele Panzarino, suo attuale consorte, il 29 marzo 2018 ha avuto Elena Francesca.
“A me non manca nulla - sottolinea - Il fatto che non possa vedere i miei figli mi crea dolore, ma è tanto poco rispetto a tutto quello che ho ottenuto. I loro abbracci comunque si fanno percepire. Certo, se io ti dico che il mio cuore non sanguina, ti dico una bugia. Io mi sveglio che buio e vado a dormire che non è cambiato niente, ritorno al buio. Non ho la percezione delle luci: tutto è diventato un tutt’uno. Quello su cui posso contare sono le vostre voci, le emozioni e, chiaramente, le voci e le emozioni dei miei figli la fanno da padrona”. Lei spera che “le persone possano amare profondamente il disagio sapendo che è l’unica possibilità che abbiamo per essere specialmente abili”.