Corona, chiesti 1 anno e 9 mesi per evasione fiscale

La sua è una condanna senza fine. In carcere a Opera, dove sta scontando una pena di 15 anni di reclusione, confermata in Cassazione, Fabrizio Corona ha dovuto sopportare un'altra richiesta di condanna da parte del tribunale di Milano, come fa sapere L'Espresso. Stavolta per evasione fiscale.

Dal vice procuratore ordinario Edoardo Polerà gli è stata contestata la dichiarazione dei redditi 2007 e 2008, ritenuta 'infedele'. La pena richiesta è di un anno e nove mesi e prende in esame anche le aggravanti della recidiva equivalenti alle attenuanti generiche.
Fabrizio stavolta è andato in aula e ha risposto alle domande dell'accusa e della difesa, non solo. Ha pure sottolineato il suo dolore se fosse ritenuto colpevole, perché la condanna si andrebbe a sommare ai 13 anni già comminati. E' arrivato alle lacrime, ricordando quanto sia duro stare chiuso in cella da così tanto tempo.
"Ho preso la pena massima per tutti i reati che mi hanno contestato, e ho riflettuto molto in questo periodo - ha detto Corona - Ho pensato che un pubblico ministero, prima di chiedere una pena per una persona dovrebbe visitare le carceri e rendersi conto delle condizioni lì dentro. Questa volta mi date un anno e nove mesi per un accertamento induttivo, e il pm ha il coraggio di contestarmi anche la recidiva: si deve vergognare". "Io non parlo al magistrato, parlo all’uomo in questo caso”, ha continuato alzando la voce e guardando fisso negli occhi il procuratore. “Sono esterrefatto e atterrito per questa richiesta”, ha sottolineato il legale del l'ex re dei paparazzi nell'arringa finale.

"In questo Paese, dove siamo sudditi e non cittadini, io devo prendere un garage per custodire anni di contabilità e provare tutto - ha urlato il difensore - Se volevo vivere sotto il soviet supremo nascevo in un altro posto. Hanno dato finora 13 anni a Corona perché lui ha rotto le scatole. E allora a quelli dell’Expo cosa gli devono fare? Diciamo basta!". Ha poi chiesto l'assoluzione del suo assistito perché il fatto non sussiste o non costituisce reato.