- La showgirl, che ha deciso di sostenere la Fondazione Veronesi, torna a parlare del cancro di Giacomo
- "Con l’aiuto della nostra psicologa abbiamo imparato a gestire l’ansia, a vivere giorno per giorno"
Elena Santarelli torna a parlare del cancro di Giacomo. La showgirl, che ha deciso di sostenere la Fondazione Veronesi, al Corriere della Sera rivela come ha scoperto del tumore cerebrale del figlio nel 2017, quando aveva 8 anni. Mal di testa e vomito sono stati i sintomi che l‘hanno fatta subito preoccupare. Il ragazzino ora ha 13 anni e sta bene.
Elena, mamma pure di Greta, 6 anni, avuta dal marito Bernardo Corradi, impegnata attivamente a sostenere la ricerca scientifica in Italia, racconta: “Nella nostra famiglia e nella mia vita c’è un prima e un dopo il 30 novembre 2017, la data in cui abbiamo ricevuto la diagnosi di tumore cerebrale di nostro figlio, che allora aveva 8 anni, mentre Greta, sua sorella, era nata da meno di un anno. Giacomo era un bambino come gli altri, sano e sereno, a un certo punto ha iniziato a soffrire di forti mal di testa e vomito a getto, entrambi frequenti. Sentivo che c’era qualcosa che non andava, ma non capivo cosa”.
Ricevere la diagnosi è stato terrificante: “Ti paralizza, è inevitabile. E’ sempre uno shock. Qualsiasi mamma si spaventa anche solo all’idea di dover far operare il figlio di appendicite. Cosa può essere sentire la parola cancro? Terrore, ansia e pure rabbia. Sono reazioni inevitabili, ci passiamo tutti, che vanno però smaltite. E l’aiuto psicologico può aiutare tanto. A noi è servito moltissimo: hai bisogno di un sostegno che ti guidi ad attraversare quella fase della vita in cui sprofondi tuo malgrado e a trovare un nuovo modo per tornare a una vita ‘normale’, che porta serenità in tutta la famiglia anche mentre si attraversa la tempesta”.
Lei e Bernardo sono sopravvissuti grazie alla terapia: “Con l’aiuto della nostra psicologa abbiamo imparato a gestire l’ansia, a vivere giorno per giorno, altrimenti diventi matto. Io l’ho chiesto solo alla fine dell’iter di cure, sbagliando: credevo di poter reggere tutto, invece alla fine sono crollata. Tuo figlio ha un tumore. Vivrà? Morirà? Nessuno può risponderti, le percentuali non possono essere la risposta: ogni caso è a sé. E vivi così per anni, in compagnia della paura: l’intervento chirurgico, chemioterapia, radioterapia".
La 41enne aggiunge: "Noi abbiamo fatto tutto, è un percorso lungo. C’è una lotta quotidiana contro l’incertezza. A volte i bimbi stanno bene, o sembra, e poi peggiorano all’improvviso. Anche quando va bene, come nel caso di Giacomo, parte poi il periodo dei controlli. Prima di poter usare la parola 'guarito' servono anni. Ci ha salvato il pensiero di portare avanti la famiglia in un nuovo capitolo della nostra storia. Indesiderato, ma da scrivere, un giorno dopo l’altro, senza pensare troppo al futuro che se no impazzisci”.
A maggio 2019 è arrivata la fine delle terapie: un grande traguardo. Ora Elena e la sua famiglia stanno molto meglio: “Bene, a rischio di sembrare ‘banale’ o di venire attaccata, lo dirò: dopo il tumore è tutto un po’ più bello. Sia chiaro, nessuno se lo augura e ne avremmo fatto a meno, ma visto che ci è capitato… Abbiamo redistribuito le priorità, compreso quali sono i problemi veri. Per il resto ce la si prende meno. Godi più a pieno il tempo. Ma viviamo con tanta serenità, Bernardo in questo è bravissimo, più pratico, mi dice: ‘Anche attraversando la strada può succedere un dramma, se entri nel tunnel dell’ansia non vivi più. Oggi siamo qua, viviamo e cerchiamo di farlo bene’”.
Lei e il marito hanno scelto di tornare alla normalità: “Sì, il più possibile. Siamo felici. Poi se mi chiedi se vado a letto la sera come prima del 30 novembre 2017 ti rispondo di no. Ho un grosso pensiero in più a quelli di tante altre mamme alle prese con figli 13enni e non sono più la stessa Elena. La vigilia di Natale o il 31 dicembre sera, festeggio, ma penso anche a chi è in reparto di oncologia con il suo bambino. Ma abbiamo avuto un grande insegnamento e, tra le varie lezioni, c’è pure quella di essere grati e godere a pieno ogni giorno”.
Al figlio hanno detto ogni cosa: “Con i giusti modi gli abbiamo spiegato tutto: sa che cosa ha avuto e sa anche che il tumore può tornare, per questo facciamo i controlli. A volte capita. Anche in questo caso l’aiuto della psicologa è stato prezioso, ci ha guidato in un ‘porto sicuro’. E’ un ragazzino felice, sereno, non è arrabbiato con la vita. E’ un simpaticone, ha la battuta facile. Gli insegniamo a pensare con una testa vincente, senza ansie né autocommiserazioni: ha avuto un incidente di percorso bello tosto, lo abbiamo superato e andiamo avanti”.