- Il 45enne ha raccontato a ‘Il Corriere della Sera’ della sfida quotidiana del suo Alessandro
- Il bambino ha quasi 3 anni e nel 2022 gli è stato diagnosticato il diabete di tipo 1
Massimo Ambrosini ha voluto parlare pubblicamente della malattia del figlio Alessandro, che compirà 3 anni a maggio. Il bambino, avuto con la moglie Paola, ha il diabete di tipo 1 e durante un’intervista con ‘Il Corriere della Sera’ il 45enne originario di Pesaro ha voluto affrontare il delicato tema per invitare tutti a contribuire alla ricerca per trovare una cura definitiva.
“Le nostre vite sono state letteralmente sconvolte dopo che ad Ale, che ha due anni e mezzo, è stato diagnosticato il diabete di tipo 1, una malattia inguaribile, autoimmune, cronica e degenerativa”, ha fatto sapere Ambrosini in un video condiviso sul social.
Poi al Corriere ha raccontato come è arrivato alla diagnosi circa sei mesi fa: “Ce ne siamo accorti a settembre dello scorso anno. I sintomi anomali che ci indussero a portare Alessandro a sottoporsi alle analisi del sangue furono una produzione eccessiva di urina, un aumento dell’appetito e un improvviso dimagrimento. I valori eccezionali della glicemia in un attimo ci hanno consegnato la diagnosi”.
“Quando siamo entrati per il ricovero di Ale sapevamo poco del diabete di tipo 1. In pratica chi soffre di tale patologia non essendo in grado di produrre internamente insulina ha la necessità di assumerla dall’esterno. La tecnologia ora consente strade differenti dalle iniezioni”, ha proseguito.
“Mio figlio in questo momento ha un sensore sul braccio che serve a tenere sempre monitorato il livello di glicemia. Però ha anche e soprattutto un microinfusore, vale a dire un dispositivo che contiene dell’insulina che attraverso un cateterino e un ago viene erogata nel corpo. In pratica vive con un ago conficcato nel sedere”, ha spiegato.
“L’obiettivo è tenere sempre in equilibrio i valori della glicemia di Ale. Ora è troppo piccolo per sentirsi ‘diverso’ dagli altri bambini, fra qualche anno di certo inizierà a chiedersi perché lui ha addosso marchingegni che altri non hanno”, ha aggiunto.
Adesso Massimo ha deciso di impegnarsi in prima persona nella raccolta fondi per aiutare la medicina a trovare una soluzione definitiva a questo male. Tra le altre cose sostiene il progetto “Beta is better”. “Poiché la malattia al momento, pur essendo più gestibile, resta incurabile l’unica speranza passa attraverso la ricerca”, ha concluso.