Rocco Siffredi ha paura di essere come suo padre. Lo ha svelato in un documentario che porta a Venezia 73 (31 agosto - 10 settembre), "Rocco" di Thierry Demaiziere e Alban Teurlai. Lo spiega a Vanity Fair che lo ha intervistato. "Sono in perenne conflitto con me stesso", dice. Il pornodivo dalle mille facce ha davvero paura di essere come il padre che, mentre la madre in ospedale entrava in coma, flirtava con la vicina di letto.
"Eravamo cinque fratelli e una sorella. Io ero il penultimo. Siamo rimasti in cinque. Mio fratello è morto a 12 anni, soffocato, soffriva di crisi epilettiche. Avevo sei anni, insieme al più piccolo, di tre, eravamo gli unici ancora a casa, gli altri già lavoravano - racconta Rocco Siffredi - Mia madre era sempre stata il vero pilastro della famiglia, verso di lei ho sempre provato un amore sfrenato. Ho subito la sua follia perché, da quel giorno, non si è più ripresa. Mio padre era un uomo buono, gentile, ma inesistente. Non aveva nessuna ambizione a parte la fi*a. Faceva il cantoniere e il suo capo lo rimproverava spesso perché s’infilava in ogni casa con la scusa del bicchiere d’acqua, del caffè, sperando di trovare una donna sola". E continua: "Mia madre era gelosa e ne ha sofferto fino all’ultimo. E' morta di cirrosi per un’epatite mai diagnosticata. Stava per entrare in coma, e lui flirtava con la signora del letto vicino. Mi disse: “Caccialo fuori, non ce la faccio più”. E' l’ultima immagine che ho di loro insieme".
Una realtà dura. Ricordi difficili da cancellare, per questo Rocco Siffredi, in conflitto, ha paura di essere come suo padre. "Nel 1993, mio padre venne a Cannes per gli Hot d’Or, gli Oscar del porno. Arriva che stiamo girando un film, io sono dietro la macchina da presa, entra,vede questa donna nuda con tre uomini, non mi saluta neppure, si butta nel mezzo, “piacere Gennaro”, poi viene da me e mi dice, in dialetto: “Certo che dal vivo è proprio un’altra cosa”", confessa ancora.
"Di sesso a casa nostra non si era mai parlato ma, a un certo punto, cominciò a raccontarmi le sue avventure con una disinvoltura che metteva me in soggezione. Mi considerava un esperto. Mi spiegava delle anziane con cui ci aveva provato ai giardinetti, di quella che si era portato in stanza. Tutto, nei dettagli. “Ma perché me lo racconti? Sono pur sempre tuo figlio”. E' morto cinque anni fa e, ancora oggi, mi auguro di non fare la stessa fine. Mia mamma se n’era andata da un giorno e lui era già alla ricerca di una donna. Andava a trovare le vedove dei suoi amici che ancora stavano piangendo il defunto. Percepivano la sua disperazione e lo respingevano. E' vissuto da solo gli ultimi vent’anni. E' morto solo", sottolinea con amarezza.
"Alla fine del documentario si vedono le scelte di un film di John Stagliano, l’ultimo che ho girato da attore, due anni fa. Da tempo avevo nella testa l’idea di smettere. La prima volta l’ho deciso a quarant’anni. Non volevo rinnegare il passato, però desideravo che i miei figli crescessero sapendo che il loro papà era stato un attore porno ma non lo era più. Ho ricominciato perché andavo a mi*notte tutto il tempo: donne, trans, vecchie. Mi sono capitate un sacco di situazioni assurde, qualcuna che mi riconosceva, altre che mi dicevano: “Con un cazzo del genere dovresti fare l’attore porno”. Gente che aveva presente il mio nome ma non la mia faccia e faceva battute tipo: “Potresti fare concorrenza a Siffredi”. All’Isola dei Famosi, tutte le notti ho guardato in alto, il cielo. Fino ad allora i miei occhi avevano puntato sempre davanti. Mentre ero là ho detto: “Basta, smetto”. Pensavo che quell’esperienza mi avesse purificato e, in un certo senso, è così. Ma è vero anche che ho avuto una ricaduta terribile. Questa volta non sono andato a cercare sesso in giro ma sono stato molto male. Avevo una voglia terribile di trasgredire, di tornare in quel mondo. Che non è per forza la pornografia, o avere l’amante. E' tutto insieme", aggiunge.